Alla buonora si ritrovarono in cucina madre e figlia. La signora Amalia De Porconis era stata la prima a raggiungere la macchina da caffè. Ginevra si era annunciata poco dopo con uno sbadiglio fragoroso. “Buondì amore”, la madre le sorrise, azionò la macchina e le si accostò. Le loro labbra si unirono in un bacio viscoso. I capezzoli d’Amalia, nudi oltre la vestaglietta aperta, lambirono quelli di sua figlia, racchiusi in una delle canotte con cui era solita dormire. Le due figure, ferma la differenza d’età, si somigliavano molto, snelle e piene nei punti giusti, entrambe di quel castano tendente al rossiccio, entrambe dagli occhi nocciola. Stettero abbracciate, le mani della madre sulle natiche tonde della figlia, libere oltre le mutandine verdi, e le mani della figlia sulle natiche abbondanti della madre, completamente discinte, sotto la corta vestaglia di seta.

“Svegliata presto Ginevra?”.

“Dovrei studiare… farò una doccia… e mi metterò a…”.

La ragazza non completò la frase che un acidulo trillo di citofono fece precipitare sua madre alla porta. "Uff sarà il postino...", Amalia uscì dalla casa in pantofole, di quelle vellutate e pellicciose, chiudendosi alla meglio la vestaglietta.

“Oh Antonio. Sei tu… Buongiorno! C’è posta?”.

“Ecco a lei, signora Porcona”.

La donna, accostatasi al cancello, recuperò due lettere e guardò in cagnesco il giovane postino riaccendere il suo motorino e filare via ghignante. “Va bene, siamo stati insieme quella volta… ma chi ti dà il diritto di storpiare così il mio cognome? Manco mi ricordo più quando è successo figurati… forse prima del divorzio, no no, era dopo… no… mmm bho!... in ogni caso la prossima volta rimprovererò quel ragazzotto!”, si disse seccata, sbuffò e rincasò. La vestaglia tornò ad aprirsi.

“Ginevra era il postino… Ginevra?”, si guardò attorno ma non c’era più traccia della figlia. “Sarà a docciarsi”, pensò, mise da parte la corrispondenza senza prestarvi attenzione e tornò alla macchina del caffè. La tazzina era ponta. Lcalda miscela percorse la sua gola col suo aroma denso. Ora la sua giornata poteva iniziare. Salì le scale meditando sul da farsi e, dopo l’ultimo gradino, s’arrestò. Una visione abbacinante catturò la sua attenzione: Ginevra era nel corridoio, affacciata col capo oltre la porta del bagno, mentre con una mano si carezzava i seni e con l’altra scavava nelle mutandine verdi. In silenzio sua madre spinse lo sguardo oltre e scovò, riflesso nello specchio, il corpo di Pietro, nudo sotto la doccia. Bastò poco alla ragazza, si sfilò la canotta, poi le mutandine, ed entrò nel bagno. Amalia poté sentire tutto.

“Uh scusami Pietro, non mi ero accorta ci fossi tu…”.

“Ginevra, non preoccuparti…”.

“Dovrei docciarmi anche io…”.

“Pochi minuti e finisco, guarda”.

“E’ che oggi avrei tanto da studiare… ti spiace se… mi unisco a te?”.

“Oh va bene, vieni pure…”.

Amalia vide perfettamente allo specchio i seni freschi di sua figlia farsi avanti e sgusciare sotto la doccia, accolti con smania dalle mani del suo patrigno. Sì Pietro era il compagno di Amalia, un uomo di gran fascino, dai capelli brizzolati e gli occhi di ghiaccio, fresco di divorzio. Di cognome faceva Zozzi e quando in città s’era saputa di quella strana accoppiata “De Porconis Zozzi” tutti avevano riso, chi perché conosceva quella “porcona” della signora Amalia o la “porcellina” ventunenne di sua figlia, chi perché conosceva invece quello “zozzone” di Pietro… “Nomen omen” dicevano gli antichi. Ed avevano ragione! Ginevra, con una coscia levata al fianco di Pietro, si stava sfamando del suo cazzo, e gioiva e godeva sotto lo scroscio continuo d’acqua che le incollava i lunghi capelli mogano, ma quello che si stava compiendo davanti agli occhi di Amalia non era però un tradimento, o almeno non veniva concepito come tale. Certe cose erano consuetudine in quella casa. Se Amalia avesse dovuto spiegarne la ragione probabilmente non avrebbe filosofato di libertinismo, avrebbe più semplicemente detto che lo stress, le tensioni, le mille preoccupazioni, in qualche modo dovevano pur essere scaricate e quello era il migliore dei modi. Le avreste dato torto? L’importante, lo pensavano tutti in quella casa, era salvare le apparenze, fare tutto tra loro sì, ma sottovoce, senza quasi dirselo, mentendosi, dissimulando di non saperlo, fingendosi rispettosi delle convenzioni. Perché? Perché tutti capivano che quella piccola ipocrisia rendeva tutto più stuzzicante.

Fece qualche passo e fu davanti alla porta del bagno. Senza disturbare l’idillio di sua figlia e del suo patrigno, raccolse mutandine e canotta e proseguì oltre entrando nella lavanderia. Accese la luce. Si chinò sulla cesta dei panni sporchi ed iniziò a preparare tutto per fare la lavatrice. Mentre selezionava i panni, percepì il suono d’una porta scorrevole, si raddrizzò e davanti ai suoi occhi apparve Daniel, il figlio di Pietro.

“Amalia ciao…”, Daniel perquisì con gli occhi la matrigna nuda oltre la vestaglietta di seta nera, soffermandosi sul candore della pelle nel suo punto più intimo e ripeté: “Ciao…”.

Gli occhi della donna s’illuminarono sul corpo giovane e ben fatto di quel ventenne dagli occhi cerulei ed i capelli ciuffolosi che ostentava un alzabandiera da capogiro: “Hey tesoro, t’ho svegliato io?”.

“Ma no, no. Ci tenevo a darti questa…”. Il ragazzo le porse una felpa azzurra, la sua preferita. Amalia la guardò e sorrise: “Solo questa?”.

“Hai ragione, scusa…”, il ragazzo abbracciò la donna rimediando al primo freddo saluto. Lei lo tenne stretta a sé sondando con le mani la robustezza delle sue spalle poi contrasse il suo stomaco contro la sua verga. Slanciata e vigorosa, non poteva che trovarla magnifica. Ci si strusciò sopra un po’ e la cappella spuntò al di là dell’elastico, la sentì calda e prepotente, se ne rallegrò e mise fine all’abbraccio per dare una sbirciata. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, fissando la punta diamantina del cazzo di Daniel, fece la sua proposta: “E… le mutandine non vuoi… lavarle?”.

Lui sorrise, agganciando l’indice all’elastico, poi si sentì dire: “Aspetta, ti aiuto…”. Amalia tornò a chinarsi, stavolta però non sulla cesta. La gola che aveva provato poco prima l’aroma di caffè ora si apriva ad un bel cazzone.

Qualche minuto dopo, la lavatrice entrò in azione, ma coi due sopra. La giornata di Amalia era davvero iniziata.
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