Visto che per qualche ora sono sola in casa ne approfitto per scrivere la parte finale del racconto dell’avventura sull’autobus.
Vi ricordate eravamo rimasti che Liana aveva dato appuntamente per il mercoledì.

Vi sarete chiesti perchè mercoledì e non prima.
Lunedì e martedì non sarei uscita da scuola, avevamo un torneo di pallavolo e mi sarei fermata a dormire, visto che si giocava di sera.
Arrivò il mercoledì.
Si respirava aria di vacanze natalizie.
Il giorno dopo ci sarebbe stata la festa della scuola, regali,auguri,commiati,arrivederci al prossimo anno, come se le vacanze durassero un anno e non solo 20 giorni.
Poi ognuna sarebbe andata per la sua strada, ci saremmo riviste dopo l’epifania.
Con questi pensieri arrivai alla fermata dell’autobus, mostrai la tessera e andai al solito posto..
Dopo un po’ l’autobus si mise in moto.
Prima fermata, ripartenza,qualcuno scendeva, qualcun’altro saliva, ma non ci facevo caso, non erano loro che mi interessavano.
Mentalmente contavo quanto tempo era necessario per arrivare alla fatidica fermata.
Immersa in questi pensieri, non mi accorsi che qualcuno mi era alle spalle, sentii un fruscio.
Non so come capii che era lui, era salito prima del solito, con un filo di voce disse.
“per favore vai nell’amgolo, in fondo al bus”.
Feci quello che mi aveva chiesto, lo potei fare tranquillamente, il bus era ancora semivuoto.
Mi sistemai con la schiena appoggiata all’angolo, volevo vederlo in viso e guardare cosa aveva intenzione di fare.
Restai parecchio delusa nel vedere che non faceva nulla, non si muoveva, non capivo perchè, cosa era accaduto, per giustifacare un comportamento così, continuavo ad arrovellarmi il cervello alla ricerca di una risposta, quando tutto mi fù chiaro.
Arrivammo alla solita fermata, appena la gente cominciò a salire, si alzò..
Venne verso di me, fermandosi proprio davanti, in modo da farmi scudo dalla gente che stava salendo..
Impugnò i corrimani che erano ai miei lati, tenne duro, affinchè fra di noi rimanesse un piccolo spazio.
Hai capito il porcello, aveva anticipato la salita sul bus, per avermi nella posizione e nel posto che lui desiderva.
Ne approffitai per osservarlo,era abbastanza alto, gli arrivavo al mento..
Un viso che definirei dolce,ad occhio e croce non superava di molto i quaranta.
Quando l’autobus fu pieno come la classica “sardina in scatola”, l’autista mise la marcia e il bus ripartì con il suo mondo viaggiante..
L’ondeggiamento della partenza mi aveva fatto sbattere un paio di volte contro di lui, era una roccia da quanto forte si teneva al corrimano, non voleva cedere un cm alla folla che premeva.
Quando tutto si stabilizzò, mise le mani in tasca del giaccone e lo aprì creando una barriera fra me e il resto delle persone.
Nessuno avrebbe potuto vedere quello che sarebbe successo in quell’angolo, oltretutto ognuno pensava ai fatti suoi..
Non so perché,ma questo mi tranquilizzò e potei concentrarmi su quello che avrebbe voluto farmi fare..
Mi soffermai a dare un’occhiata al suo modo di vestire.
Pantaloni, camicia bianca, cravatta e un bel pullover azzurro, che guarda caso è il mio colore preferito, ah! un particolare notai che i pantaloni erano sostenuti dalle bretelle,
Mi venne da pensare che non fosse un caso che le portasse, il maiolone aveva pensato a tutto.
Ancora una fermata, ancora scossoni, mi ritrovai appoggiata a lui.
Un sussurro vicino all’orecchio.
“tiralo fuori e fai quello che ti pare”.
I miei occhi incollati ai suoi, un leggero sorriso sulle labbra.
Feci uscire le braccia da sotto il mantello.
Lentamente mi abbassai fino ad accovaciarmi.
Iniziai a sbottonare la patta cominciando dal primo bottone, quello con la linguetta, che normalmente non si tocca, altrimenti i pantaloni cadono, ma visto che c’erano le bretelle, non sarebbe accaduto, ora avete capito perchè le aveva indossate.
Continuai con quelli della patta vera e propria, fino a sbottonarla completamente.
Le due parti si divisero, tirate leggermente dalle bretelle.
C’erano ancora la camicia e canottiera che impedivano la vista.
Le tirai verso l’alto, restai meravigliata, vedendo che non portava le mutande.
Il porco aveva programmato proprio tutto.
Eccolo lì l'oggetto di carne che fino a pochi istanti prima stava nascosto sotto il tessuto dei pantaloni, non riesco nascondere l'emozione che ho addosso.
Il pube è completamente privo di peli, probabilmente se lo era rasato, era la prima volta che ne vedevo uno senza peluria, a parte quello dei ragazzini.
Mi avvicino alla patta, annuso, profumo di maschio mischiato a qualche leggero deodorante.
Il cazzo di un colore bruno fa bella mostra di sé fra le sue cosce, duro come una colonna marmorea.
Lo accarezzai, senza impugnarlo, aprii la mano, cominciai a palpare i testicoli, li soppesai.
Palpai una alla volta le palle, tenendo la borsa dei testicoli sul palmo della mano.
Con i polpastrelli mi avventurai sul perineo, accarezzandolo dolcemente, spinsi le dita in avanti, cercando di avvicinarmi al taglio del culo.
Accarezzai la zona per un pò, mi piaceva sentire i coglioni solleticarmi la mano ed il polso.
Ritornai all’oggetto delle mie brame, lo impugnai, facendolo uscire dai pantaloni.
Iniziai un leggero su e giu, mi piaceva vedere comparire e sparire la violacea cappella
Tornai a guardarmi attorno, un pò preoccupata che qualcuno facesse caso a noi due, mi resi conto che da come eravamo sistemati, nessuno avrebbe potuto vedere nulla, visto che io non vedevo loro.
Questò bastò a tranquilizzarmi completamente, se mai c’è ne fosse stato bisogno.
Ripresi il lavoro e sempre tenendo il cazzo impugnato, me lo infilai in bocca.
Mi dedicai a leccare la capella, facendolo entrare un po’di più.
Ora era la testa ad andare avanti e indietro, stando attenta a non emettere nessun rumore, mi sembrava non fosse il caso.
Andai avanti a “suonargli il flauto”,(per chi continnuerà a leggermi saprà perchè invece che dire che stavo facendo un pompino lo chiamo in quel modo), ma non posso andare avanti quanto vorrei, non c’è molto tempo, l’autobus va veloce verso la fermata dove lui sarebbe sceso.
Lo faccio uscire dalla bocca.
Lo afferro con più decisione e inizio a masturbarlo.
I movimenti della mano sono veloci, devo farlo venire il più presto possibile..
Lo guardo in viso, ha gli occhi chiusi,il respiro affannoso.
Pure io sono in condizioni estreme.
Ho le tettine gonfie, le punte dei capezzoli penetrano il tessuto della camicetta,l’eccitazione è ben visibile.
Ho la bocca secca, deglutisco a fatica.
Non riesco a dominare l'eccitazione, fra le cosce un caldo liquido trattenuto a stento dalle mutandine, la figa in ebollizione.
L’orgasmo mi invade, ma non mollo la presa e lui che deve godere.
Il movimento della mano accelera sempre più, vorrei impugnarlo con tutte e due questa meraviglia della natura.
Quanta voglia di ritornare a succhiarlo, lambire con la lingua il glande,ma il tempo stringe e il guerriero deve essere sconfitto..
La sua mano destra esce dalla tasca, si intrufola sotto il mantello, accarezza il seno sinistro da sopra la camicetta..
Non gli basta, la sbottona, introduce la mano, pizzica il capezzolo già duro per l’eccitazione.
Palpa il seno a mano aperta è eccitato al massimo, lo sento dalla durezza del cazzo.
Toglie la mano dal seno, mi mette un dito in bocca, comincio a succhiarlo come vorrei fare col cazzo, oramai congestionato.
Manca poco alla fermata, manca poco all’orgasmo.
Desidero aiutarlo,voglio vincere,con la mano libera, ritorno ai testicoli, li trovo belli gonfi, sono momenti d'irrefrenabile libidine.
Il cazzo ha raggiunto il massimo vigore, la cappella è viola per l'eccitazione.
Io sono in volo nel paese della libidine completa.
Vengo riporata alla realtà dalle parole dello sconosciuto, appena appena sussurrate.
“Vengo, vengo”.
Lo dice con l’ultimo filo di voce.
Faccio appena in tempo ad introdurre il cazzo nei pantaloni, l'uomo, dopo i primi fremiti di piacere, inizia ad eiaculare, lo sperma, scende copioso dall'orifizio uretrale depositandosi nell’interno dei pantaloni.
Per un momento ho pensato che avrei potuto ingoiare tutto quel ben di Dio, non l’ho mai fatto e non so se mai ci riuscirò, il tempo mi darà torto, ma l’ho fatto raramente e una cosa che non mi piace molto.
Giusto in tempo,l’autobus arriva alla fermata, lo vedo esitare, aspetta che mi rialzi, poi chiude il cappotto.
Nello stesso tempo chiudo la mantellina.
Prima di voltarsi ed andarsene.
“ti rivedrò?”.
“forse, ma dopo le feste natalizie”.
Non aggiungo altro, so già che non lo rivedrò, non mi piacciono le storie lunghe e poi sarebbe troppo pericoloso.
Mi volto a guardare fuori dal finestrino, lo vedo fermarsi sul marciapiede, guarda verso di me, alza la mano e mi saluta.
Con le labbra gli invio un bacio seguito da un.
“Buon Natale e grazie”
Ciao amici al prossimo racconto.
(Fine)
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