La villa dei Conti Aloisio Marazzini sorge isolata su di una collinetta che domina l’intero paese. I proprietari vi vengono di quando in quando durante il fine settimana per trascorrere qualche giorno lontano dalla città. Li si vede arrivare con il loro lussuoso SUV talvolta soli ed altre volte accompagnati da amici che fanno il loro ingresso in villa con automobili degne di quella nobile dimora di campagna. Da quanto riferito in paese, i Conti vivono a Genova in un sontuoso attico nel centro storico. Il nobiluomo è un facoltoso armatore mentre la moglie, donna assai colta, si diletta a scrivere romanzi (nessuno in paese, però, ne ha mai letto uno) ed organizza ricevimenti; nel suo salotto all’ultimo piano vi sono di casa i più prestigiosi intellettuali, la borghesia più incline al mondo della cultura e tutta la ricca nobiltà del Nord Italia. In paese nessuno è mai entrato nella loro villa eccetto Giovanna, la signora che ha il compito di accudire e pulire la dimora durante i periodi di assenza dei proprietari e Ilio il giardiniere. Oltre loro due in paese gli unici a conoscere personalmente i Conti e ad averci scambiato qualche parola siamo io e mio marito. Gestiamo il piccolo alimentari in piazza resistendo alla concorrenza dei supermercati dato che in paese non ve ne sono e bisogna prendere l’auto e fare circa dieci chilometri per trovare il primo. Inoltre mio marito Gianni ha selezionato alcuni prodotti speciali, come il pane cotto a legna od alcuni formaggi artigianali, che non è possibile trovare altrove. Per questo motivo talora si vedono apparire il Conte e la moglie nel nostro negozietto in cerca di prelibatezze e sfiziosità scovate da Gianni.
Anche il ponte dello scorso otto dicembre il Conte e la Signora Aloisio Marazzini lo hanno passato nella loro dimora di campagna ed il pomeriggio del sette hanno fatto lo laro nobile comparsa nel nostro negozietto di alimentari facendo proviste per i giorni di permanenza in paese. Io quel pomeriggio non ero in bottega perciò quando Gianni rincasò alla sera mi diede la notizia sensazionale: “Il Conte e la Contessa vorrebbero che noi si andasse a cena alla loro villa dopodomani sera” Rimasi senza parole Quell’invito era del tutto eccezionale per gente come gli Aloisio Marazzini che da sempre vivevano appartatati nel loro lusso e nella loro ricchezza senza aver mai avuto alcun tipo di rapporto con il resto del paese ad esclusione di saluti di circostanza o di qualche chiacchera in bottega con me e Gianni. Mi sentivo emozionatissima ed onoratissima per un simile invito.
“Ma saremo all’altezza?” Chiesi a Gianni. “Devo subito chiamare Marta – la parrucchiera del nostro paese – e fissare un appuntamento per dopodomani mattina” pensai. Era improponibile che mi presentassi a casa dei Conti senza il capello fatto ed a posto. Corsi nell’armadio per controllare gli abiti per me e Gianni da poter indossare per quella grande occasione.
Per quella sera speciale indossai un vestito di maglia color vede abbastanza aderente da far risaltare, senza falsa modestia, il mio fisico snello ed il mio seno sodo Inoltre alcuni inserti in pizzo lo rendevano ancora più provocante. Collant color crema, scarpe basse in tinta con il vestito (sono abbastanza alta da non aver bisogno di tacchi che trovo scomodi da portare) e pochi gioielli completavano la mia figura. Marta mi aveva fatto un taglio di capelli ed un trucco da non sfigurare nemmeno ad un ballo delle debuttanti. Quando le avevo riferito dell’evento per cui mi facevo quell’acconciatura era rimasta incredula. Poi si era raccomandata affinché facessi sapere alla Contessa Aloisio Marazzini che quel taglio era stato fatto da lei e che se la contessa lo avesse trovato di suo gradimento avrebbe potuto farle visita al salone; Marta sarebbe stata onorata di poterla pettinare ed acconciare. Infine non mi aveva lasciato andare via senza la promessa, da parte mia, di riferirle nei particolari della serata e della villa dei Conti. Anche Gianni era in gran tiro: con il suo vestito nero, una camicia di cotone bianca e cravatta scura: era uno schianto. Scarpe nere lucide; capelli e barba fatti nel pomeriggio dal barbiere. Avevo un marito che avrebbe potuto sfilare in passerella tanto era bello. Per percorrere il paio di chilometri che dividono la nostra casa dalla signorile abitazione prendemmo la berlina di media cilindrata che, seppure non paragonabile al SUV dei Conti, comunque non sfigurava di certo. L’avevamo comprata da soli tre mesi ed era l’ultima versione di quel modello d’autovettura. A pochi metri dal cancello della villa questo si aprì automaticamente: probabilmente i Conti erano ad attendere il nostro arrivo. Percorremmo il lungo viale che, attraversato il giardino, porta all’ingresso principale della dimora e parcheggiammo la nostra auto proprio a fianco a quella degli Aloisio Marazzini. Il Conte era sulla porta di casa: “Ben arrivati cari. Accomodatevi. E’ un piacere avervi a casa nostra”. Che emozione! Facemmo il nostro ingresso rimanendo a bocca aperta per la magnificenza degli interni di quella residenza di campagna.
Ampie stanze con volte in mattoni e soffitti affrescati si susseguivano una dietro l’altra. Ai muri vi erano appesi quadri di ampie dimensioni che erano sapientemente illuminati da luci diffuse sulla parete. I nobili proprietari di casa ci fecero da guida introducendoci dall’ingresso fino ad una sontuosa sala da pranzo facendoci passare per una sala da lettura con biblioteca ed una sala nella quale dominava al centro un biliardo dal panno color blu. Il Conte Aloisio Marazzini quindi mi scostò la sedia imbottita con un morbidissimo velluto e mi invitò ad accomodarmi a tavola. Quando tutti fummo seduti ecco apparire una giovane cameriera in divisa che, dopo averci fatto un inchino a mo’ di saluto, bisbigliò qualcosa al Conte e sparì in fretta. Tutto denotava ricchezza ed opulenza a quella tavola ed in quella stanza. Il lampadario di cristallo sopra le nostre teste, i mobili preziosi, i piatti di fine porcellana, i bicchieri di cristallo e le posate in argento. Ogni cosa ci faceva sentire, a nostra volta, dei nobili per il solo fatto di trovarci lì. Il conte era vestito in modo elegantissimo ed impeccabile: abito scuro in lana con camicia bianca e papillon di raso nero; dei gemelli in oro facevano bella mostra di se ai polsi della camicia e dal taschino del vestito spuntava, abbinato, un fazzoletto bianco di seta; completava la sua figura dei calzini scuri in lana ed un paio di scarpe in pelle nera e con la punta tonda. Al di là dell’abito, era di per sé un uomo che esprimeva eleganza e regalità: un cinquantenne che avrebbe fatto perdere la testa ad ogni donna di qualsiasi età. La contessa non era da meno nel suo vestito blu scollato che le cadeva dolcemente sulle curve avvolgendo il suo corpo e mettendone in risalto ogni forma. Gli accessori colpirono subito la mia attenzione: un paio di orecchini in oro bianco con montato uno zaffiro blu notte ed una collana con gemme in acquamarina di taglio ovale ed una lucentezza che non avevo mai visto prima. Alle dita vari anelli che coprivano una vasta gamma di sfumature dal blu all’azzurro.
“Allora miei cari, spero possiate trascorrere una serata di vostro gradimento nella nostra dimora” così principiò un suo discorso il Conte. Contemporaneamente la giovane cameriera di poc’anzi entrò con il carrello degli antipasti. Anche un secondo cameriere, che in precedenza non avevamo visto, fece il suo ingresso in sala e stappò una bottiglia di champagne che fece assaggiare al padrone di casa. Per dare un’idea dell’eccezionalità della cena, ecco cosa venne servito dall’antipasto al dolce: aragosta alla catalana, ostriche francesi, tartine con pregiato caviale (il Conte tenne a precisare che si trattava di Calvisius Beluga), carpaccio di polpo, gamberi olio e limone in salsa aurora. Il tutto annaffiato da più bottiglie di champagne Cristal. Seguirono i primi: risotto all’astice fresco e fusilli pomodoro e scampi freschi. Cambio di vino: venne servito uno champagne rosé Taittinger. E poi ancora, del filetto di storione bianco con patate e pomodorini al forno (inutile dirlo, abbinato al suo vino: dello Chardonnay bianco). Il Conte fece portare anche un carrello con dei formaggi che ci teneva Gianni assaggiasse: del Roquefort francese e del Blue Stilton inglese; entrambi abbinati ad un vino Porto invecchiato 12 anni. Per finire, venne servito dell’aspic di lamponi, caffè e del cognac Hennessy.
Ci aspettava, nel dopocena, un pasto più abbondante ed altrettanto singolare ed inconsueto per i nostri sensi.
Congedati i camerieri, il Conte invitò mio marito a giocare una partita a biliardo. La Contessa invece mi propose di seguirla. Mi avrebbe fatto vedere ogni stanza della casa (dato che io avevo espresso questo desiderio durante la cena); mi accompagnò quindi al piano superiore dove vi era la zona notte. In una stanza mi colpì una grande stampa appesa sopra al letto: vi era raffigurato un lupo che stava montando una donna nuda sdraiata a terra. La donna, durante quel bizzarro accoppiamento, rifletteva l’immagine del suo volto in un piccolo specchio da toletta che reggeva con la mano destra. Chiesi di cosa si trattasse e la mia accompagnatrice rispose che era la riproduzione di un dipinto di inizio ‘900 del pittore francese Henri Rousseau intitolato “Beauty and the Beast”. Lo trovai un soggetto alquanto insolito da appendere ad una parete. Poi, ancora, la mia attenzione fu attratta dagli specchi che a profusione riempivano ogni stanza della zona notte. Mi chiesi a cosa potessero servire in così gran numero! Ogni camera era dotata di un proprio bagno personale; in ognuno di questi il lusso e lo sfarzo abbondavano: da grandi vasche con idromassaggio a pareti rivestite a mosaico.
Dopo il nostro giro riscendemmo per l’ampio scalone al pian terreno dove le stanze si susseguivano una all’altra divise fra loro da ampie porte a doppio battente. Questo gioco prospettico permetteva dall’ingresso, dove ci trovavamo in quel momento, di scorgere fino in fondo dove avevamo in precedenza cenato. La sala da biliardo era ad un paio di porte oltre a quella dell’ingresso. Potevo scorgere parte del biliardo ed uno dei quadri alla parete.
Vidi mio marito giungere nella parte a me visibile di quell’ambiente e piegarsi sul tavolo da gioco per colpire con la stecca una palla. Subito il Conte fu alle sue spalle. Corresse, come farebbe un maestro con un allievo, la posizione in cui mio marito si era messo, tirandogli un po’ più in su il sedere e facendogli piegare la schiena. Quindi gli impostò la stecca perché potesse meglio colpire la palla. Gianni si lasciò guidare quindi sferrò il colpo. Ma evidentemente la palla non colpì esattamente dove doveva perché sentii un grido di disapprovazione da parte di mio marito ed un bonario rimprovero di incoraggiamento da parte del Conte che gli disse “Su via, riprova il tiro e vedrai ti riuscirà meglio”. I due uomini riposizionarono le palle sul tavolo e mio marito si appoggiò nuovamente al bordo del biliardo piegandosi in avanti. Ma, sorpresa, questa volta il Conte, per meglio impostarlo nel corretto modo di eseguire il colpo, si appoggiò da dietro con tutto il corpo addosso a Gianni. Prese il braccio destro del mio caro e lo guidò in modo da colpire nella esatta direzione la palla ma, mi sembrò, ne approfittò anche per strusciare un po’ l’uccello contro il culo di mio marito! E la mia impressione non era poi così sbagliata perché ben presto il Conte cinse da dietro Gianni e spostò la mano proprio sul suo pacco iniziando a toccarlo ed a strofinarlo da sopra i pantaloni! Mi voltai verso la Contessa che in silenzio guardava, con volto divertito, la scena. Non dissi una parola e mi girai nuovamente a guardare. Ebbi il sentore che a Gianni quell’attacco alle spalle da parte del nobiluomo non dispiacesse affatto ed ancora una volta non mi sbagliavo: infatti quando il Conte slaccio la lampo ed abbassò pantaloni e mutande il cazzo di mio marito sgusciò fuori in modo fiero già completamente eretto e duro. Continuando ad abbracciare Gianni da dietro, il suo amante prese a masturbarlo facendo scivolare in su ed in giù la mano stretta attorno all’asta del mio sposo. Poi, lasciando per un attimo la presa, si spostò davanti a lui, si inginocchiò e cominciò a baciare ed a leccare il suo arnese per farselo infine sparire completamente in bocca, ingoiandolo fino a toccare con la fronte il ventre e la pancia di Gianni. Ero paralizzata di fronte a quello spettacolo: mio marito chiuse gli occhi e sul suo viso comparve un’espressione di soddisfazione e di godimento che presto articolò in un suono gutturale “Oh oh oh… “
Anche la Contessa osservava la scena e quella visione la inebriò. Infatti ben presto, la sua libido stuzzicata, passò all’azione: “Spettacolo arrapante, vero mia cara? E noi che si fa? Si sta solo qui a guardare?” Non mi diede il tempo di rispondere che già le nostre bocche erano incollate; sentii la sua lingua saettarmi nel palato per intrecciarsi infine con la mia; nel contempo le sue mani presero a frugare ogni parte del mio corpo soffermandosi in particolare sui seni e sul basso ventre. Allargai le cosce per meglio far entrare le sue carezze. Più che eccitata ancora mi sentivo paralizzata per quello che avevo visto e per la situazione che stavo vivendo, quasi incredula che fosse realtà ma solo un sogno od una fantasia che aveva creato la mia mente.
La Contessa mi fece alzare le braccia sfilandomi il vestito. Rimasi con il mio completino intimo, in calze autoreggenti e scarpe. La nobildonna ammirò il mio fisico (modestamente molto ben fatto) ed applaudì in segno di approvazione dicendo “che corpo meraviglioso hai”. Poi, senza perdere tempo, mi slacciò il reggiseno e cominciò a baciarmi ed a succhiarmi i capezzoli. Sentivo i suoi denti stringerli e la sua lingua passare sopra ora all’uno ed ora all’altro ricoprendoli di saliva; un fremito, che partiva dal mio basso ventre, si ripercuoteva lungo tutta la schiena. Poi la Aloisio Marazzini disse “aspetta qui un attimo cara senza muoverti. Sarò di ritorno fra pochi istanti”. Si diresse verso la scala e sparì velocemente al piano superiore. Né approfittai per dare un’occhiata a ciò che stava accadendo nella sala da biliardo e… sorpresa: ora era Gianni inginocchiato davanti al Conte; questi, in piedi, aveva tirato fuori il suo potente pilone e se lo stava facendo succhiare da mio marito. Rimasi sorpresa nel vedere con quanta abilità e voracità Gianni spompinava quel membro dal sangue blu.
Quando la nobildonna fu di ritorno mi accarezzò le spalle da dietro; quindi le sue mani scesero lentamente e si spostarono sulle mie tette che prese a palpare freneticamente. Le sue dita poi continuarono ad esplorare ogni centimetro della mia pelle e scendendo sempre più si infilarono nelle mutandine; una mano mi passò fra il solco che separa le chiappe e l’altra, sul davanti, andò a constatare quanto la visione dei due uomini impegnati a succhiarsi i loro arnesi mi avesse bagnato la fica. Aveva portato con sé un materassino in gomma piuma (del tipo di quelli che si utilizzano in palestra per fare esercizi a terra) ed una valigetta il cui contenuto mi si sarebbe presto svelato. Inoltre una bottiglia di Champagne rosé Taittinger e due calici che posò su un mobile dell’ingresso. Stese a terra il materassino e mi sfilò le mutandine lasciandomi solo con calze e scarpe. Poi a sua volta si spogliò velocemente rimanendo completamente nuda. Aveva un corpo ben fatto. Seni un po’ cadenti ma voluminosi, la fica con un cespuglietto di pelo nero sul monte di venere e appena un accenno di pancia. Insomma un fisico più che discreto per una donna di oltre cinquant’anni. “Ti piaccio, amore?” mi chiese. Feci con la testa un cenno di affermazione. “Lascia che i nostri uomini si divertano fra loro e facciamo altrettanto noi”. Mi fece sdraiare supina sul materassino. Poi salì su di me toccando con le sue ginocchia le mie spalle. Si piegò in avanti venendo a posizionare la sua fica proprio davanti al mio viso e inserendo la sua testa fra le mie cosce. “Leccami, amore. Ho voglia di sentire la tua lingua che passa sulla mia fica. Fallo ti prego. Muoio dalla voglia”. Infilai la mia lingua dentro la sua apertura già umida e comincia a leccarla ed a prendere il suo clitoride fra le mie labbra. Lei ricambiò immediatamente facendo altrettanto al mio sesso interrompendosi ogni volta che le sensazioni provocate dalla mia lingua sulla sua fessura si traducevano in un gemito di piacere che teneva a farmi ascoltare. Non avevo mai fatto un sessantanove nemmeno con mio marito Gianni e mai avrei pensato sino a pochi minuti prima di metterlo in pratica con un'altra donna. Ma non volevo scontentare la Contessa e poi era accaduto tutto così in fretta… e la visione di Gianni con il Conte e… e poi mi piaceva anche parecchio leccare la fica della Contessa e farmela leccare da lei.
Presto sentii che la Contessa stava raggiungendo un orgasmo: la vacca cominciò a muggire forte “ah ah siiiii continua…” e la sua venuta si scaricò nella mia bocca riempiendola di un sapore salato. Si placò e stette immobile per un qualche tempo dopo aver goduto, continuando ad appoggiare la sua fica sul mio viso. Mi voltai di lato e vidi mio marito ed il Conte, ora completamente nudi, che, in piedi ed abbracciati, si baciavano in bocca e contemporaneamente manipolavano i loro sessi.
La Contessa si riebbe dal suo orgasmo. Strusciò per un po’ la sua passera umida sul mio viso; poi scese dal mio corpo e si inginocchiò davanti alla mia fessura. Mi spalancò bene le cosce e cominciò a titillarmi la vagina con tocco delicato. Percorse tutto il perimetro delle grandi labbra; Giocherellò con il clitoride ed infine infilò prima uno poi due dita dentro e cominciò a muoverle avanti ed indietro. Ero bagnata e la Contessa non ebbe alcuna difficoltà a farle sparire completamente dentro non incontrando alcuna resistenza. Vista la facilità d’accesso a quella apertura, si sfilò gli anelli, mise la mano a cucchiaio e presto quattro dita furono risucchiate; restò fuori solo il pollice che massaggiava con tocco circolare il mio monte di venere. Cominciai a dimenarmi ed a contorcermi: quel massaggio interno era davvero piacevole. “Ti piace vero troiettina?” mi disse guardandomi in faccia mentre godevo e continuando a muovere avanti ed indietro le dita dentro la mia fica. “Ora ti infilo tutta la mano”. Non ebbe finito di dirlo che sentii forzare le pareti della mia passera. Riuscì a farsi strada (avevo da sempre avuto una fica larga tanto che Gianni a volte mi diceva che aveva l’impressione di perderci il cazzo dentro!) e presto vidi scomparire la sua mano interamente nella mia apertura fino al polso e sentii che mi stava rivoltando dentro fin quasi alle budella. Godetti a più non posso sia per il piacere che quel massaggio provocava alle pareti interne del mio sesso sia per la bizzarria di quella situazione.
La Contessa manteneva il suo aspetto nobile e le sue maniere erano quanto mai eleganti. Ma la sua natura era lussuriosa e la sua carica sensuale grande ed erompente. Così compiva quel gesto estremo dell’infilarmi l’intera sua mano destra dentro la mia fessura spalancata con una raffinatezza ed una signorilità che rendevano quella porcata come il più elegante ed al tempo stesso voluttuoso dei gesti. Mi fece avere un paio di orgasmi prima di sfilare l’arto dalla mia passera. Quando lo tirò fuori era completamente bagnato dai miei umori. Contemplò estasiata la mano poi si passò l’indice fra le labbra. “Vuoi assaggiare anche tu?” Mi chiese. Non risposi per cui decise lei per me. Mi avvicinò il medio alla bocca e me lo fece succhiare facendomi sentire il sapore delle mie venute.
“Hai la fica molto dilatata, mia cara. Da vera scrofa. Non è comune imbattersi in aperture tanto capienti. Lascia che la metta alla prova con un giocattolino che riserbo solo per poche amiche”. Aprì la valigetta che aveva portato con se mostrandomi una collezione di vibratori di tutte le dimensioni, forme e colori. Ne prese uno scuro davvero impressionante tanto era grosso. La sua lunghezza poteva superare i trenta centimetri ed il suo diametro essere di circa sette centimetri. L’aspetto era mostruosamente realistico: aveva venature lungo tutta l’asta ed anche i testicoli sembravano veri. Me lo fece toccare ed al tatto aumentava la sensazione di trovarsi davanti ad un fallo vero. Era di un materiale flessibile e morbido come la pelle umana. Mi disse che era il calco preciso del cazzo di un famoso porno attore di colore e che sole poche fortunate avevano la possibilità di potersi fare impalare da un simile aggeggio. Riteneva che io fossi fra quelle poche in grado di ricevere in fica quell’arnese.
Mi mise un paio di cuscini sotto al sedere, mi fece allargare le gambe, piegare le ginocchia e puntare a terra con i piedi. Ora la mia fica era completamente aperta e pronta a ricevere quel pilone. Lo lubrificò poi iniziò poco per volta a spingere l’enorme fallo nero dentro la mia vulva. Mi sentivo completamente riempita man mano che si faceva strada nella mia cavità. Negli occhi della contessa si leggeva l’eccitazione e la lussuria per la trivellazione che stava compiendo nella mia fica. “Voglio infilartelo tutto, fino ai testicoli, mia cara”, disse. E così fece. Cominciai a dimenarmi ed a godere. Lo sentivo spingere contro le mie pareti ed il mio utero e colmare ogni spazio interno del mio sesso. Ebbi un orgasmo intenso che fece vibrare ogni muscolo del mio corpo; godetti senza controllo fino quasi svenire.
Quando la porcona sfilò quell’arnese dalla mia tana era completamente inondato dal succo del mio piacere che colava copioso lungo le mie cosce. La mia fica dilatata ed aperta entusiasmò la Contessa la quale volle immortalare quel risultato, opera della sua depravata lussuria, con delle foto che scattò con il cellulare.
Io nel frattempo, ripresami da quel massaggio che mi aveva sconquassata nel corpo e nella mente, mi voltai per guardare cosa stesse accadendo nella sala da biliardo.
Il conte fotteva in culo mio marito con una passione ed un impeto che non avrei mai creduto possibili in una natura tanto nobile ed in un uomo dai modi così eleganti e distinti. Sembrava un animale selvatico che, affamato ed eccitato dall’odore e dalla vista del sangue, non ha più controllo nello sbranare la sua preda. Menava colpi sempre più a fondo e con un ritmo sempre più veloce. Mio marito girava la testa sul ripiano del biliardo ora da un lato ed ora dall’altro e batteva colpi con le mani come un lottatore di wrestling in segno di resa. Ma il conte, senza pietà, continuava nel suo assalto con il viso rosso e sudato per lo sforzo fisico, respirando in modo affannoso e grugnendo come un porco. Gianni per provare più piacere, o forse per compensare con un godimento il dolore avvertito in culo, aveva preso a masturbarsi forsennatamente mentre si faceva inculare dal nobiluomo.
La contessa mi mostrò le foto fatte alla mia fica dilatata compiacendosi ancora una volta per quanto fosse riuscita a riempirla. Mi chiese poi se poteva mandare una di quelle immagini ad una sua cara amica tramite WhatsApp. Ero talmente confusa che annuii senza nemmeno rendermi conto con precisione della richiesta che mi era stata rivolta. “Sai, la Marchesa dei Montespertoli è una donna di elevata cultura, benestante – il marito è un banchiere – ed estremamente lussuriosa. E’ spesso ospite ai miei ricevimenti a Genova facendomi a volte l’onore di portare con se influenti uomini politici od imprenditori di alto livello. Godrà di certo nel ricevere questo messaggio”. Mi mostrò il messaggio che stava per inviare all’amica: questo il suo contenuto “Buonasera mia cara, ammira quanto ho aperto la fica a questa puttanella di paese con cui mi sono divertita questa sera. E’ talmente dilatata che potrebbe entrarci tranquillamente la verga di un mulo” il testo accompagnava la foto della mia vulva spalancata. Mi disse poi “Le piace molto nell’intimità un linguaggio spinto e volgare e lo contrappone ad un linguaggio molto attento e forbito che usa invece in pubblico. Per questo ho scritto certe parole che spero anche tu sappia cogliere nel loro aspetto goliardico” Beh, per la verità essere definita “puttanella di paese” e sapere che mi farebbe chiavare da un mulo non è che mi abbia fatto molto piacere ma, suvvia, stiamo a questo gioco goliardico. Poco dopo arrivò la risposta della nobildonna “Complimenti mia cara porca. Vedo che ti sei data da fare con la tua amichetta. Perché non me la porti nella mia cascina di Abbiategrasso. In stalla troverà il mio purosangue che sarà ben lieto di poterla montare”. Nel leggerla mi sentii la peggiore delle sgualdrine sulla faccia della terra e il giocattolo di queste due nobilzoccole.
Nel frattempo sopraggiunsero nell’ingresso dove ci trovavamo il Conte e mio marito. Erano completamente nudi ed appena ripresisi dalla loro orgia. Gianni sembrava molto provato, quasi dolorante, per quell’assalto ricevuto. Gli uomini rimasero stupiti nel vedere lo stato della mia vulva.
“Che spettacolo ci offre la signora” pronunciò il Conte. “L’ho trivellata con Big John” Dunque la Contessa aveva messo un nome ai propri giocattolini proprio come fanno le bambine con le loro bambole. “Dobbiamo festeggiare questa meravigliosa serata con un brindisi” guardò la bottiglia di champagne rosé ed i due calici appoggiati sul mobile poi il nobiluomo ordinò alla moglie “Vai in cucina a prendere altri due calici”. Prese la bottiglia in mano per stapparla ma proprio in quell’istante una stravagante idea gli balenò in mente. Si avvicinò a me, che continuavo a starmene sdraiata a terra completamente nuda, quasi incapace di riprendermi e di reagire agli eventi che stavano accadendo, mi prese le ginocchia per divaricarmi ancora di più le gambe. Ebbi appena la forza di sussurrare “No Conte, la prego, non lo faccia” ma la mia supplica non fu ascoltata. “Apri le gambe, ti farò godere” mi disse avvicinando la bottiglia alla mia fica. La teneva stretta per il collo con l’intenzione di farla entrare dalla base nella mia tana. Mentre il Conte si apprestava a questa operazione, sotto gli occhi attoniti ed increduli di Gianni, la Contessa fece ritorno dalla cucina con i calici in mano. “Siii, amore mio. Mettigliela dentro tutta”. Posò i calici e si sedette su una poltrona posta di fronte a noi per godersi lo spettacolo. L’Aloisio Marazzini iniziò il suo show. Mi sentivo come un animale da circo che si esibisce con il suo domatore per la gioia di chi guarda. Fece da prima roteare la bottiglia attorno al bordo della mia vulva. Poi con la mano sinistra si aiutò per fare entrare il primo segmento di vetro freddo dentro la mia fodera calda di carne. Ebbi subito un brivido che mi attraversò la schiena ed una sensazione di riempimento. Non potei trattenere un gridolino che la Contessa salutò con un applauso “Forza è entrata ora spingi ancora un po’” disse al marito. E rivolta a Gianni “E tu non startene li impalato. Inginocchiati qui davanti a me e comincia a leccarmela mentre mi godo lo spettacolo”. Gianni ubbidì in silenzio e, facendo come gli era stato ordinato, ficcò la testa fra le cosce della nobildonna iniziando il suo lavoro. Intanto il Conte poco per volta spingeva sempre più a fondo la bottiglia ed in breve l’aveva tutta infilata lasciandovi fuori solo il collo che impugnava per farla roteare dentro di me. Inizia a singhiozzare ed a godere nello stesso tempo. Il mio pianto sommesso si confondeva con il mio godimento tanto che nessuno seppe interpretare quelle lacrime che cominciarono a scendermi lungo le guance. Segno di estremo piacere? O segno di estrema umiliazione che stavo subendo? Ma alla nobile coppia poco importava, presa com’era dal soddisfare unicamente il loro piacere e la loro lascivia. La contessa, per meglio farsi deliziare dai colpi di lingua che Gianni instancabilmente continuava a dare, tirò con entrambe le mani la nuca di mio marito contro la sua fica. Il Conte, sempre più eccitato, prese a schiaffeggiare con la mano libera i miei seni. Colpi secchi e potenti sulle tette che mi procuravano dolore. “Ahhh, mi fa male, basta la prego!” Urlai. Mi ascoltò smettendo di colpirmi ma continuando a roteare la bottiglia di champagne dentro di me. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare per porre fine a quel supplizio. Pensai che se mi avesse vista avere un orgasmo si sarebbe calmato ed avrebbe smesso di torturami a quel modo. Inizia a dimenare il mio corpo, ad inarcare la schiena sotto l’effetto del movimento avanti ed indietro e rotatorio di quel corpo infilato nel mio canale. Ebbi un paio di spasmi muscolari e con un urlo di piacere raggiunsi l’orgasmo. Aprii gli occhi e vidi che anche il corpo della Contessa stava sussultando: le sue grosse tette ballonzolavano in su e giù mentre si alzava e ricadeva sulla sedia per il piacere provato. Poi buttò la testa all’indietro e con un “Oh Ohhh, Daiiii fammi godere” arrivò all’apice del godimento riversando nella bocca del mio povero sposo tutto il suo succo.
All’improvviso ci fu silenzio e tutti rimanemmo immobili. Poi il Conte disse “Dobbiamo festeggiare questa orgia memorabile e questi nostri nuovi meravigliosi amici”. Estrasse la bottiglia di champagne dalla mia fica (era completamente ricoperta dalle mie secrezioni) e la stappò. Riempì i calici e ce li offerse. “Alla nostra nuova amicizia, sperando in mille di queste orge con questi due cari ospiti” Disse il nobiluomo alzando il suo calice. Brindammo sorseggiando dell’ottimo rosé anche se un po’ caldo visto che non era stato in un cestello del ghiaccio ma dentro la mia incubatrice.
Dopo quel brindisi ci venne messa a disposizione una camera ed io e Gianni ci si fece una doccia e ci rivestimmo. Mezz’ora dopo ritrovammo i padroni di casa al pian terreno nuovamente abbigliati di tutto punto e con la loro aria regale. “Bene cari miei è stata una serata fantastica. Mi auguro si possa ripetere molto presto” Disse il Conte. “Si, davvero una coppia meravigliosa che mi ha fatto immensamente piacere conoscere” ribatté la Contessa. “Grazie” mi limitai a dire. “Allora a presto” ci salutarono sul portone della villa mentre uscivamo da quell’incubo.
Salimmo in macchina senza dire parola. Gianni mise in moto ed imboccò prontamente il viale che portava al cancello per uscire il più velocemente possibile da quella villa di nobili perversi.
Ed ora, cosa avrei raccontato alla mia parrucchiera Marta?
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