Chi mi segue da tempo, non solo per i racconti che scrivo e che vi invito a leggere, se ancora non lo avete fatto, ma anche per gli articoli, sa bene che quello del lato oscuro del porno, se così lo possiamo chiamare, quella parte della quale nessuno dell’ambiente parla ma nemmeno lo fa chi sta fuori, è un mio chiodo fisso di cui ho già accennato brevemente, lamentando, per esempio che è un aspetto dell’industria pornografica che non viene narrato, appunto, abbastanza. Eppure se ne celano di cose negative in quell’emisfero che pare essere dorato, fatto di belle ragazze e bei ragazzi che guadagnano denaro facendo sesso o di produttori e registi sempre circondati da giovani e statuarie attrici e attori.
Se ne è discusso abbastanza bene nel documentario del 2015 “Hot girls wanted” https://www.youtube.com/watch?v=HNdw2uY9oHY (fonte – Youtube), di Jill Bauer e Ronna Gradus, presentato al Sundance film festival dello stesso anno. Potete vederlo su Netflix, ve lo consiglio, vi darà una visione dell’hard come mai prima d’ora. Il successo della pellicola ha generato una serie, visibile sempre su Netflix, dal titolo “Hot girls wanted – Turned on” https://www.youtube.com/watch?v=HNdw2uY9oHY (fonte – Youtube).
Il concetto tutt’ora maschilista di chi realizza film a luci rosse, non è dettato tanto da chi sta dietro la macchina da presa, ma da una visione errata e distorta della sessualità. Ci sono molte ex attrici che hanno deciso di produrre e dirigere le proprie fatiche artistiche o quelle di altri performer. Ci sono donne che non hanno mai lavorato nell’hard come pornostar ma lo stesso hanno deciso di investire tempo e denaro nella propria impresa, realizzando un prodotto finale che è tale e quale a quelli che si vedono su qualsiasi pagina web dedicata ai porno. Il fatto di mostrare una delle due figure sullo schermo come sottomessa, pare sia la ragione unica per cui una creazione per adulti possa esistere.
La donna, in particolare, viene sottomessa, umiliata e non è raro che molte attrici facciano uso di droghe o che siano in cura da uno psicologo, proprio perché, da esseri umani, non ce la fanno a sentirsi trattare continuamente da chiunque come delle pezze da piedi, carne da macello. Il ricambio di performer è costante. Ogni quattro mesi circa arrivano nuove ragazze che intendono intraprendere questo mestiere, per abbandonarlo, nella maggior parte dei casi, dopo un po’, poiché si rendono conto che la loro dignità vale più di qualsiasi cifra. Spesso, quest’ultimo punto in particolare, soprattutto a inizio carriera e se non si ha la possibilità di decollare e di avere un minimo di mentalità imprenditoriale, non permette a una giovane di intascare molto denaro.
Bisogna considerare che le piccole produzioni non pagano gli spostamenti e i pernottamenti, nemmeno danno gli indumenti di scena che sono tutto a carico delle performer. In più bisogna pur sopravvivere pagando affitto, da mangiare e le utenze varie. Giungono a sentirsi come delle sfruttate prese in giro e anche stupide, perché non i sono rese conto di essere state raggirate.
La frustrazione comincia a farsi sentire ed essere considerate pubblicamente alla stregua di oche, di prostitute, a lungo andare, non essendoci neppure quel ritorno economico che si credeva, fa cedere molte delle tipe intenzionate a farsi un nome nell’industria di film per adulti. Se si vuole lavorare, continuare a farlo, bisogna scendere a dei compromessi.
Più un’attrice si lascia fare di tutto da chiunque su un set (per chiunque, naturalmente, si intende il partner con cui deve lavorare, che sia questo bello o brutto, giovane o vecchio) e più c’è la possibilità che venga ingaggiata per un nuovo lavoro.
La propria intimità viene così distrutta e il disagio aumenta nel dover subire un qualcosa che in circostanze normali non avrebbero mai e poi mai accettato di fare. Penny Flame, nome d’arte di Jennifer Ketcham, ex attrice e regista pornografica statunitense, una tra le più importanti fino al primo decennio degli anni 2000, nel suo libro autobiografico “I am Jennie”, disponibile su Amazon in lingua inglese https://www.amazon.it/I-Am-Jennie-Ketcham/dp/1451644760 racconta le vicissitudini che l’hanno portata gradualmente a lasciare il mondo hard che la stava distruggendo e a vivere una nuova vita al di fuori di tutto quello cha aveva conosciuto fino a quel momento.
Una delle tante testimonianze strazianti di chi ha visto dall’interno il male che può generare un settore incredibilmente competitivo e che mastica e sputa di continuo giovani ragazze con la smania di un successo facile. Jennie ha avuto seri problemi di dipendenza da eroina a causa di questo fatto, dalla quale è uscita con non poche difficoltà. Pure Eva Henger si è amaramente pentita del suo passato, cosciente che quanto fatto ha avuto ripercussioni, e ce le ha ancora, sulla sua famiglia e sui figli. Se uno si ferma a pensare a come viene trattata una donna che per vivere fa sesso davanti un videocamera, si rende conto che, a lungo termine, un comportamento simile da parte di sconosciuti che si definiscono tuoi fans, provoca dei profondi disagi. Non è assolutamente normale venire toccata, palpeggiata per strada con la scusa di fare una foto assieme, e vedere lamentarsi il tizio redarguito dalla stessa, che ovviamente si oppone di subire trattamenti simili da parte di uno sconosciuto a cui sta facendo una cortesia.
Ci si sente sporche. Bisognerebbe intendere che si ha a che fare con un essere umano con dei sentimenti propri e non con un oggetto, un pezzo di vetro a cui tutto scivola addosso. Di questo parlava in un’intervista al programma Le iene, qualche tempo fa, Brigitta Bulgari, pseudonimo di Brigitta Kocsis, ex attrice porno giunta dall’est Europa, ora dj. “Non c’è rispetto!”, disse testualmente, denunciando gli atteggiamenti oltraggiosi subiti di continuo da parte degli ammiratori, anche in presenza del fidanzato. “Dato che lavori nel porno pensano che possono farti di tutto”, sottolineava con lucidità.
In chiusura è d’obbligo dire che per quanto possa piacer o no, tutte le persone che lavorano in questo ambiente, dal tecnico delle luci alla star del film, sono dei professionisti.
Chi paga per ingaggiarle, così come chi paga per vedere il loro lavoro terminato, deve avere il buon senso di comportarsi civilmente, da esseri umani nei confronti di altri esseri umani, poiché destabilizzare una persona, specie se già fragile di suo e molto giovane, è un attimo.
Quell’attimo può costare molto, purtroppo è già successo e troppe volte continua a succedere, in un mondo, quello pornografico, in cui tutti si girano dall’altra parte e fanno finta di non vedere e sentire nulla, così, per non sporcare la propria coscienza.

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